Piemonte significa ai piedi dei monti (pedemontium), così definito perché circondato su tre lati dalle montagne delle Alpi Occidentali e dell’Appennino Ligure. La montagna piemontese ha inoltre un aspetto imponente ed aspro: la sua caratteristica, nella zona occidentale della regione, è infatti di essere priva delle Prealpi. Al di sotto delle rocce e dei pascoli ci sono ampie estensioni di boschi: le conifere, meno diffuse, lasciano presto il posto a faggeti e castagneti.
Le principali zone collinari sono il Canavese, le Langhe, il Roero, il Monferrato ed i colli Tortonesi. Il territorio piemontese infatti, è ricco di corsi d’acqua, tutti tributari del fiume Po. Numerosi sono i laghi alpini di origine glaciale e morenica presenti nella regione. Tra tutti i laghi presenti si ricordano in particolare: Lago Maggiore, Lago d’Orta, Lago di Viverone.
Una cucina di antichissima tradizione che vede ricette nobili e povere mischiarsi dando vita a delle proposte gastronomiche yanto variegate quanto eccentriche. A rappresentare il tratto più distintivo della cucina Piemontese è la “Bagna Caoda”, minestra, o meglio, intingolo, a base di acciughe, aglio e olio. Un sapore deciso tipico della regione, sebbene gli ingredienti non siano tipicamente piemontesi. Il protagonista principe della cucina piemontese è senza dubbio il Tartufo bianco di Alba. Ingrediente principale presente sia nei primi piatti che nei secondi.
Tra i primi piatti più caratteristici, ma molto particolari, vi è la Brudera, un risotto in brodo con carne e sangue di maiale e carne di gallina. Altra portata sui generis è lo Sciüghèt, una minestra con latte e vino rosso, nella quale viene aggiunta farina per una consistenza più solida. Da non dimenticare i ravioli ed i raviolini del “Plin”, da farsi sia al sugo di carne che al “verde” con burro e salvia. Per i secondi piatti, apertura dedicata al brasato al Barolo, manzo cotto con verdure e spezie, tra cui ginepro, cannella, rosmarino e rosolato con una cospicua quantità di Barolo.
Piatto tipico è il fritto misto piemontese fatto con 15 pezzi tra cui 10 di carni ed animelle e 5 di dolci o frutta. Va ricordato che anche il Piemonte ha il suo Gran Bollito con almeno 8 pezzi tra cui la gallina (non il pollo). Tra i dolci, invece sono noti gli amaretti morbidi di Mombaruzzo, i crumiri di Casale Monferrato e la Polenta di Marengo, un dolce realizzato con mandorle e farina di mais. Un discorso a parte è per la Nutella, inutile descriverla, che si dice derivi dalla più antica “Giacometta”. Non vanno dimenticati i gianduiotti, prodotto conosciuto in tutto il mondo, risultato della miscela delle nocciole con il cacao.
Il Piemonte conta su più di 50.000 ettari di vigneto e più di 3 milioni di ettolitri di vino prodotti, con una resa media abbastanza contenuta, circa 80 quintali/ettaro. Il Piemonte ha iniziato da tempo a ridurre la quantità per ettaro, privilegiando la qualità. Esperti geologi ed enologi lavorano con i produttori per ottimizzare la qualità, attenti all’uso dei preservanti chimici ed al tipo di terreno. Ne vediamo i risultati con una produzione sempre di alto livello. Il Piemonte oggi è il 4° o 5° produttore di vino, dopo la Puglia, il Veneto, l’Emilia Romagna e Sicilia con cui condivide il 4° posto, secondo le annate.
I vitigni coltivati in Piemonte sono perlopiù a bacca nera, quali la Barbera, il Dolcetto, la Croatina, la Freisa, la Bonarda, le Malvasie a bacca nera di Casorzo e di Schierano. Da pochi anni è risorto a nuova vita il Ruchè di Castagnole, mentre si sta rilanciando il Grignolino, molto amato nel passato. Dal Brachetto, vino rosso dolce, la lavorazione promuove due tipologie: metodo classico e metodo a spumante. Dal vitigno del Nebbiolo si producono anche i grandi vini del Piemonte: Barbaresco e Barolo.
Tra i vitigni a bacca bianca invece, ricordiamo, tra gli altri, il Cortese, il Gavi, l’Erbaluce e l’Arneis. Un discorso a parte merita il Moscato bianco, che trova nella regione alcune delle sue massime espressioni, sia nella forma classica che nella versione Asti Spumante.